La Società dei Sacerdoti di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, o dei Sacerdoti Cottolenghini, è una Società clericale di Vita Apostolica, fondata da San Giuseppe Benedetto Cottolengo, con la finalità di garantire la cura pastorale dell’Opera da lui istituita, la Piccola Casa della Divina Provvidenza.
Il Cottolengo prestò assistenza ai malati e si prese cura di persone povere e abbandonate, preparando una casa, nella quale, in un clima di famiglia, fosse loro riconosciuta dignità di vita.
Per questa missione di carità, egli fondò comunità di Suore di vita apostolica e contemplativa, Fratelli e Sacerdoti. Nel 1839 il Cottolengo diede vita a una comunità di sacerdoti, denominandola Congregazione dei Preti della Santissima Trinità. Attualmente essa esiste nella Chiesa come Società clericale di Vita Apostolica di diritto pontificio, approvata nel 1969.
Fin dai primi anni di vita della Piccola Casa, il Santo Fondatore sentì il bisogno e poté contare sull’aiuto di altri sacerdoti per la cura pastorale nell’ambito della sua complessa Opera. Col tempo, alcuni di essi — pur restando giuridicamente incardinati ciascuno nella propria diocesi — avevano incominciato a vivere nella Piccola Casa, scegliendo di condividere l’avventura del Fondatore: servire gli ultimi fra gli ultimi, amministrare i sacramenti ai malati, fare la catechesi ai portatori di handicap; in sostanza essere sacerdoti di Cristo vicino a chi, di Cristo, è
«l’immagine più amabile della sua grandezza» (Benedetto XVI).
Di quei sacerdoti i membri della Società dei Sacerdoti Cottolenghini — poco più di una cinquantina — sono oggi i successori: fanno vita comune (secondo lo stile proprio delle Società di Vita Apostolica), pregano insieme, esercitano il loro ministero in favore degli assistiti e delle famiglie della Piccola Casa, si aiutano vicendevolmente, affrontano insieme alle Suore e ai Fratelli le grandi e piccole difficoltà dell’Opera, assicurano la successione al Padre della Piccola Casa.
Il loro servizio è anzitutto in funzione dell’Eucaristia e dell’annuncio della Parola di Dio. Essendo la Piccola Casa una realtà carismatica ed ecclesiale la cui «seconda ruota» (dopo la preghiera) è l’Eucaristia e il cui primo pane è la catechesi, queste due funzioni inerenti rispettivamente il munus sanctificandi e il muns docendi vedono i sacerdoti coinvolti in prima linea.
Un altro ambito in cui la loro opera è insostituibile è quello dei sacramenti di guarigione (Riconciliazione e Unzione degli Infermi), mediante i quali rendono presente l’azione del Signore verso i sofferenti: il conforto a favore dei fedeli penitenti e/o ammalati non può mancare in una Casa che è nata per offrire cure al corpo ma soprattutto all’anima.
Poi ci sono gli ambiti in cui il sacerdote — e nella fattispecie il sacerdote cottolenghino — non è insostituibile, ma è possibile ed anzi auspicata la collaborazione dei “fedeli non ordinati” con il loro apostolato. Si tratta di compiti riguardanti in particolare il munus docendi, cioè «la predicazione, la catechesi, l’insegnamento e la direzione spirituale delle varie famiglie e opere della Piccola Casa, come pure dei Fratelli e delle Suore delle congregazioni cottolenghine» (Statuti S.S.C., art. 37). Ai sacerdoti cottolenghini si richiede una competenza specifica e un “carisma” in relazione alla particolarità dei destinatari: da una parte i poveri e/o i disabili, dall’altra i religiosi, senza escludere il contesto “più tradizionale” della parrocchia.
Per i sacerdoti che vivono e operano nelle strutture assistenziali della Piccola Casa l’esercizio del munus regendi passa dalla semplice partecipazione alla gestione delle opere fino alla gestione diretta. Il progetto del Santo Fondatore, al di là delle situazioni storico-culturali e delle concezioni teologiche del tempo, su questo punto è chiara:
«Dirò che la Piccola Casa alleva nel suo grembo istesso chi potrà stabilmente sostenerne il governo per l’avvenire ne Maestri che insegna per inniziarli ne Sacri Ordini, e che di qui ad alcuni anni ve ne saranno parecchi ordinati sacerdoti, e capaci per l’istruzione, che loro si darà a custodire e nel morale, e nell’ecconomia l’intiera Piccola Casa senza principio né del menomo interesse, né di voglia di comparire» (Al Re Carlo Alberto, marzo 1837, in Cart. 459, II, 188).
Ai sacerdoti che vivono e operano nelle strutture assistenziali della Piccola Casa è richiesta la condivisione di vita e del tenore di vita dei poveri, ma soprattutto la condivisione del clima di famiglia che contraddistingue tali strutture e che essi stessi devono contribuire ad instaurare.
Il sacerdote cottolenghino nelle strutture della Piccola Casa non è mai solo un “cappellano”. Egli è un padre di famiglia e, in unione con il Padre della Piccola Casa ed insieme agli altri sacerdoti, «perpetua l’opera pastorale e caritativa di San Giuseppe Benedetto Cottolengo» (Statuti S.S.C., art. 76). Gli Ospiti devono poter vedere in lui il “buon pastore” che dà la vita per le sue “pecorelle speciali”: le più deboli, e quindi le più amate.
Ancora oggi infatti, la Piccola Casa della Divina Provvidenza si prende cura della persona povera, malata, abbandonata, particolarmente bisognosa, senza distinzione alcuna perché in essa riconosce il volto di Cristo. Essa è una istituzione civile ed ecclesiale, la quale ha come fondamento la Divina Provvidenza, come anima la carità di Cristo, come sostegno la preghiera, come centro i Poveri.
I Poveri, figli prediletti del Cottolengo, in quanto ragion d’essere della Piccola Casa, sono anche la ragion d’essere dei tre Istituti cottolenghini di vita consacrata e della loro unità nella diversità di ministeri.
Suore, Fratelli e Sacerdoti continuano a custodire, incarnare e sviluppare nel tempo l’ideale di vita del Santo Fondatore, in creativa fedeltà al suo carisma, uniti in comunione fraterna e in sintonia con la Chiesa.
La Società dei Sacerdoti Cottolenghini è composta di membri di diverse nazionalità provenienti dai paesi in cui la Piccola Casa è presente nel mondo, vale a dire Italia, Kenya, Tanzania e India.